giovedì 14 aprile 2011

Il "Destino" di un incontro: Walt Disney e Salvator Dalì


Nel 1946 lo Studio 66 di Hollywood ha riunito il genio di Salvator Dalì e la fantasia di Walt Disney nella creazione di un cortometraggio dal titolo “Destino”, ispirato alla ballata, dall’omonimo titolo, del compositore messicano Armando Dominguez. Due personaggi apparentemente così lontani si legarono per un intento comune e caro ad entrambi: rendere concreti i sogni. Non sarà una coincidenza se Walt Disney affermò: “Tutto inizia con un sogno: credici e potrai realizzarlo”. Il lavoro d’animazione, completato solo nel 2003 da Baker Bloodworth e Roy Edward Disney, nipote di Walt, valse alla Casa di Topolino una candidatura agli Oscar.

“Destino” è “la storia di una ballerina in cerca dell'amore, che sembra alla fine trovare nell'incarnazione stessa del tempo. Solo fondendosi con il mondo dei sogni potrà, però, raggiungere il suo uomo, e così deve perdersi in un delirio surrealista, quasi che fosse caduta nel pennello del grande pittore catalano, fino a diventare parte del suo amato. Circa sei minuti di pura poesia in cui viene inserito tutto l'universo daliniano, dagli orologi molli alle pagnotte da portare come cappelli, dal baseball come metafora della vita, ai giochi prospettici, dai paesaggi metafisici alle formiche”.

Per informazioni più dettagliate vedi qui: http://engrammi.blogspot.com/2009/09/destino-di-salvator-dali.html

I disegni e le tele originali sono veramente molto belli… 







Quest'ultima immagine rappresenta proprio Walt Disney e Salvator Dalì, con i suoi inconfondibili baffi arricciati all'insù.

Infine ecco il video del corto... "buon viaggio" attraverso la fantasia e il genio di due grandi artisti uniti per dar vita ad un mondo di sogno!



mercoledì 13 aprile 2011

Sakura: fiore di ciliegio


“Il fiore per eccellenza
è il ciliegio,
l’uomo per eccellenza
è il guerriero”.


Yukio Mishima.

“Si narra che il colore dei fiori del ciliegio in origine fosse candido ma che, a seguito dell’ordine di un imperatore di far seppellire i samurai caduti in battaglia sotto gli alberi di ciliegio, i petali divennero rosa per aver succhiato il sangue di quei nobili guerrieri. Anche quelli che, tra i samurai, secondo il loro codice d’onore, decidevano di suicidarsi, sembra fossero soliti farlo proprio sotto gli alberi di ciliegio.

Al di là delle leggende, è indubbio che nella cultura tradizionale giapponese il fiore di ciliegio occupa un posto d’onore, tanto da essere divenuto fiore nazionale.


Il ciliegio, in particolare al momento della sua fioritura, esprime in maniera eccezionale la concezione che i nipponici hanno della vita, il loro stretto rapporto con la natura, l’amore per il bello che non è mero senso estetico, bensì comprensione della grandiosità e magnificenza della vita, pur nella sua caducità.

La fioritura dei ciliegi in Giappone avviene in aprile e, a causa della differenza di temperatura fra il nord e il sud dell’isola, comincia nelle regioni più a sud e sale rapidamente verso quelle del nord lungo una linea ideale che viene chiamata sakura zensen (sakura = ciliegio, zensen = fronte, come a ricordare la fronte ora calda, ora fredda a seconda delle variazioni di temperatura). L’intera popolazione giapponese segue con fervido interesse l’avanzamento dello sbocciare dei fiori lungo tutte le regioni: telegiornali e quotidiani pubblicano bollettini in continuo aggiornamento sulle fasi della fioritura, vengono organizzate gite collettive anche dalle scuole e da numerose aziende. Recarsi ad ammirare la fioritura dei ciliegi è una tradizione antica, sembra risalente al periodo Heian (794-1185), e viene chiamata Hanami (hana = i fiori, mi (miru) = vedere); la fioritura dura in genere uno o due giorni, in cui i giapponesi, accorsi nei parchi delle loro città od in quelli maggiormente famosi per l’evento (come, ad esempio, Yoshino, nella regione montuosa vicino a Osaka), radunati sotto gli alberi, cantano, ballano, mangiano e bevono, con gioiosa partecipazione collettiva a quello che può considerarsi uno dei momenti maggiormente rappresentativi della cultura e del cuore autentico del Giappone.

Coincidendo con l’equinozio di primavera, la fioritura del ciliegio rappresenta la rinascita, il rinnovamento, la forza vitale insita in tutte le cose di questo mondo. Un simbolo di vita, dunque, ma anche del suo naturale “opposto”: il fiore di ciliegio, appena raggiunge il massimo del suo splendore, si stacca e muore, viene portato via dal vento e con esso si disperde. La vista di un ciliegio in fiore è davvero emozionante: fa emergere prepotentemente nel nostro animo sentimenti apparentemente contraddittori, di gioia, ma anche di sgomento e di smarrimento. Il fiore di ciliegio è testimone del fatto che la vita è un dono meraviglioso, ma anche che dura poco.


Dunque la tradizione giapponese, altamente simbolica, trova nella fioritura dei ciliegi la sublimazione dell’esperienza della vita, della sua caducità e della sua effimera bellezza”.

Il simbolo del sakura, così ricco di significati, in Giappone viene utilizzato spesso nell’arte, nei manga, nel cinema e nelle performance musicali, è un tema caro alla letteratura giapponese, ricorrente in particolare nella poesia haiku.

Ho già parlato degli Haiku, ma vorrei approfondire ulteriormente l’argomento, legandolo, questa volta, proprio alla simbologia nipponica del sakura: “nella letteratura giapponese gli Haiku rappresentano una parte molto importante e caratteristica dell'essenza più profonda della cultura nipponica.
La condizione alla base di questo tipo di poesia è la convinzione dell'inadeguatezza del linguaggio, rispetto al compito di testimoniare la verità. C'è molta cultura Zen alla base della poesia Haiku, il cui intento è quello di far tornare il linguaggio alla sua essenza pura, ovvero alla sua nudità.
Nessuna manifestazione del reale, neppure la più semplice, è indegna di essere trattata dai Maestri di Haiku: in ogni cosa è l'energia vitale a svelarsi alla mente, se questa è scevra da schemi e pregiudizi, dalle proprie abitudini e dai limiti del razionale. E poiché l'energia vitale è movimento, anche l'Haiku, seppure nella sua semplicità, dovrà permettere a questo movimento di esprimersi, attraverso le sillabe, e di esprimere a sua volta la comunione, l'esigenza dell'uomo di essere tutt’uno con la natura.
Anche se veicolo di questa comunione, l'Haiku, però, non diventa mai semplice descrizione realistica, ma và sempre interpretato come testimonianza di una visione che va appunto oltre gli schemi di cui sopra.


Il tratto essenziale dell’haiku è lo yūgen, un vocabolo giapponese composto da due caratteri che in italiano si può rendere pressappoco con “profondità misteriosa”: resta sempre qualcosa di non espresso in quelle diciassette sillabe, pur perfettamente compiute, ed è in quell’inespresso che si nasconde la poesia, come dietro una coltre di nebbia. Anche ciò che sembra privo di significato serve a rendere invece l’intensità di uno stato d’animo, l’essenzialità di un’atmosfera. La primavera, i ciliegi in fiore, sono uno dei temi cari agli autori di haiku, sempre attenti alla relazione che lega una cosa all’altra, una stagione alla successiva".



“Tornando a vederli
i fiori di ciliegio, la sera,
son divenuti frutti”.

Yosa Buson


“Cadono i fiori di ciliegio
sugli specchi d'acqua della risaia: stelle,
al chiarore di una notte senza luna”.

 
Yosa Buson


“Fiori di ciliegio che sbocciano nel mio cuore,
sogni senza nome sono germogliati.
Non guardare indietro perchè non c'è nessun domani dietro di te.
Guarda avanti!”

Sakura Sake -Arashi-